Pandemia e violenza domestica

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L’OMS ha dichiarato che la violenza domestica resta uno dei principali problemi di salute pubblica globale e tenderebbe ad aumentare durante ogni tipo di emergenza, inclusa l’epidemia del COVID-19.

 

Già in condizioni normali, in Italia quasi il 30% delle donne che ha avuto una relazione afferma di aver subito qualche forma di violenza dal proprio partner nel corso della loro vita. Durante la pandemia, questi numeri potrebbero aumentare.

 

Ma cosa comprende la “violenza domestica”?

Per violenza domestica non si intende soltanto la violenza fisica, ma anche psicologica, sessuale ed economica che viene perpetrata da una persona vicina alla vittima, come partner o coniugi (attuali o precedenti). In Italia, è considerata un reato punito con una la reclusione dai tre ai sette anni (se la vittima è minore la pena aumenta).

 

Perché aumentano i casi di violenza domestica durante la pandemia?

1) Il distanziamento sociale limita la possibilità di allontanarsi, almeno temporaneamente, dalla persona abusante;

2) il partner violento è solitamente più aggressivo se sottoposto a stress; e

3) è più difficile per la vittima chiedere aiuto.

 

Vediamo alcuni dati

 

INDIA

Il 17 aprile, la Commissione nazionale indiana per le donne (NCW) ha dichiarato di aver registrato un aumento di quasi 400 denunce tra il 23 marzo e il 16 aprile, rispetto alla sola settimana precedente.

FRANCIA

Il 26 marzo, il ministro degli interni francese Christophe Castaner ha dichiarato che dopo aver dichiarato il lockdown vi è stato un incremento del 36% di interventi della polizia per casi di violenza domestica.

 

CINA

I numeri di casi di violenza domestica sembrano essere aumentati molto anche in Cina. Nelle prime settimane di chiusura, i casi di violenza domestica sono si sono triplicati nella provincia di Hubei.

 

E in Italia?

All’inizio del lockdown, il Telefono Rosa, famoso centro antiviolenza italiano, ha ricevuto il 55% di chiamate in meno. Questo calo non è però un fatto positivo: non sono in realtà diminuiti i casi di violenza domestica, ma sono anzi aumentati. Il calo delle chiamate è dovuto alla convivenza h24 con il partner che ha reso più difficile chiedere aiuto per le vittime di abusi domestici.

 

Infatti, la rete D.i.Re, rete di centri antiviolenza che opera su tutto il territorio nazionale, ha registrato una crescita esponenziale con circa 2900 casi di donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza nel mese di marzo, oltre il 74% rispetto alla media mensile registrata nel 2018.

 

Quali sono le soluzioni possibili?

Durante la pandemia, il problema principale per le vittime di violenza è la difficoltà nel chiedere aiuto. Non è facile chiamare il 1522, numero antiviolenza nazionale, senza che il partner lo sappia. Per questo, il servizio ha reso possibile anche una chat per comunicare alle autorità quello che sta succedendo.

 

Anche per questo motivo, è nato il progetto “mascherina 1522”, ispirato a quanto fatto dalla Spagna: una donna può entrare in qualsiasi farmacia o presidio sanitario e pronunciando la parola in codice mascherina 1522, scatta l’intervento delle forze dell’ordine.

È partita anche la campagna #Closed4women promossa dall’ONG ActionAid, per consentire ai centri di far fronte alle spese impreviste dovute all’incremento di richieste d’aiuto.

Il problema del Coronavirus

Resta purtroppo un problema, come ha dimostrato la testimonianza di Marta, una donna che ha provato ad allontanarsi dal marito violento rivolgendosi a un centro antiviolenza. Lì, si è vista rifiutare l’entrata poiché non aveva fatto il test per verificare che non avesse il coronavirus. Quando ha chiamato il suo medico per sottoporsi il tampone, le è stato detto che in quanto asintomatica, non ne aveva diritto, costringendola di fatto a tornare dal marito violento.

 
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