In questi giorni si è tornati a parlare delle proteste a Hong Kong, aumentate di intensità dopo la fine del lockdown e in seguito all’annuncio di una legge sulla sicurezza nazionale che intensificherà il livello di controllo della Repubblica Popolare Cinese sulla regione amministrativa speciale.
Ma che cosa è successo? E perché da circa un anno si sente parlare delle proteste di Hong Kong? Facciamo chiarezza una volta per tutte.
Hong Kong vs. China
Ma Hong Kong fa parte della Cina! Sì, ma ha un sistema autonomo, che altre città cinesi non hanno, per quanto riguarda l’economia, il sistema giudiziario e quello amministrativo. Questo perché per quasi un secolo (ben 99 anni) è stata una colonia del Regno Unito, diventando una sorta di “Londra d’Oriente”.
Nel 1997 il Regno Unito ha ceduto Hong Kong alla Cina, ma ha chiesto e ottenuto per la città una tutela speciale: lasciarla libera e democratica. Libertà di stampa, di parola, sistema giudiziario autonomo: tutte cose che per noi occidentali sono assolutamente normali, ma che per molte città della Cina sono un’utopia. Dopo la dominazione inglese, non era pensabile che Hong Kong tornasse in un regime autoritario, totalitario e illiberale come quello comunista cinese.
La Premier britannica Margareth Thatcher (la Lady di Ferro) aveva siglato un accordo con il Presidente cinese di allora, Deng Xiaoping: Hong Kong avrebbe goduto di un “Regime Speciale” (autonomia concessa dalla Cina), ma con una scadenza: il 2047.
La Cina, però, non accettando di aspettare per un periodo di tempo così lungo, ha iniziato pian piano a “cinesizzare” Hong Kong. Come all’inizio di ogni guerra, è arrivata la “goccia che ha fatto traboccare il vaso”, e nel caso dell’ex colonia britannica è stata la “legge sull’estradizione”.
In cosa consiste? Un abitante di Hong Kong può essere portato in Cina per essere processato lì, e quindi giudicato con il sistema giudiziario cinese, uno dei più iniqui e illiberali al mondo, considerando che prevede anche la tortura.
Gli abitanti di Hong Kong si sono rifiutati di accettare una misura di questo tipo, soprattutto i giovani, che si rifiutano di affrontare un futuro privo di democrazia. Proprio per questo motivo hanno iniziato a protestare, sfidando i manganelli e i gas lacrimogeni della polizia, indossando mascherine e occhiali protettivi. Le azioni della polizia sono particolarmente violente, e spesso prendono di mira ragazzi disarmati, che fuggono per evitare lo scontro.
Foto: Sky TG 24
L’informazione in Cina è totalmente controllata dal governo, attraverso il sistema di censura più avanzato al mondo. Per per fare sapere al mondo intero quello che stavano subendo, i ragazzi hanno stazionato per giorni all’aeroporto internazionale .
Foto: Avvenire
La polizia rincorre e colpisce a manganellate i ragazzi. Spesso i poliziotti sono in borghese, infiltrati tra la massa.
Foto: Il Fatto Quotidiano
Ma che cosa chiedono gli abitanti di Hong Kong al governo?
-
la rimozione della legge sull’estradizione
-
la scarcerazione dei “dissidenti” incarcerati negli ultimi mesi di proteste
-
la rimozione dell’appellativo “rivoltosi” ai militanti
-
un sistema elettorale democratico, ovvero la possibilità di effettuare elezioni libere.
Per il momento infatti gli abitanti di Hong Kong possono votare solo una parte del loro Parlamento. Anche se alle elezioni vincono sempre i pro-democrazia, i loro governatori in realtà vengono scelti dal governo centrale (quello di Pechino, per intenderci).
Per questo motivo la polizia risponde al governo di Hong Kong, che a sua volta è scelto da Pechino.
Foto: Il Post
Le armi della polizia, oltre ai manganelli e ai gas lacrimogeni sono anche i water cannon blu, che servono a marchiare e riconoscere dopo i ragazzi coinvolti nelle proteste.
Alla fine di ogni assembramento gli arresti sono decine, alcuni sono ragazzi giovanissimi.
Foto: Lifegate
Lo scorso 14 novembre è stato occupato il Politecnico di Hong Kong.
Foto: La Repubblica
Hanno creato delle vere e proprie barricate e percorsi a ostacoli.
Dopo diverse settimane di protesta, la polizia ha messo in atto azioni particolarmente violente, e molti attivisti hanno risposto allo stesso modo, diventando altrettanto radicali e violenti.
La strada in cui si trovano le caserme dei militari è stata cosparsa di chiodi, per forare le macchine della polizia.
Foto: Tempi
I ragazzi agiscono con “mezzi” di protesta mai visti prima.
Foto: La Stampa
Il 19 novembre la polizia ha fatto irruzione nel campus universitario. Con un ultimatum: resa, deporre le armi e uscire in modo ordinato.
Per evitare l’arresto, i ragazzi si sono calati con delle funi dal ponte dell’Università.
Lo scontro al Politecnico è stato uno dei più duri nei mesi di rivolte. Dall’inizio dell’occupazione sono state arrestate quasi 5.000 persone di età compresa tra 11 e 83 anni.
Il regime comunista cinese parla delle proteste come di “terrorismo”, e dei partecipanti come di “rivoltosi”. L’esercito popolare di liberazione è intervenuto a Hong Kong, in veste ufficiale solo per ripulire la città dai detriti degli scontri.
In realtà il governo di Pechino ha mandato un messaggio abbastanza forte e chiaro: l’esercito può intervenire nella città autonoma su richiesta del governo.
Inoltre, in caso di “stato di emergenza” le leggi della Cina continentale subentrano a quelle della regione amministrativa speciale. Con tutto ciò che ne consegue.
“Chiunque tenti di dividere la Cina in qualsiasi sua parte, sarà ridotto in polvere e finirà con le ossa spezzate” ha detto Xi Jinping, Segretario Generale del Partito Comunista Cinese e Presidente della Repubblica Popolare Cinese.
Alle ultime elezioni svoltesi a Hong Kong il trionfo elettorale è stato dei candidati pro-democrazia, che hanno battuto il fronte pro-Pechino in 17 dei 18 distretti. La partecipazione e l’affluenza alle urne non era così alta dal 1997 (anno di cessione di Hong Kong da parte di Londra.
Foto: Il Post
I democratici hanno guadagnato quasi il 90% dei seggi.
Finché potranno, gli abitanti di Hong Kong continueranno a scendere in piazza, nonostante i soprusi perpetrati dalla polizia. Continueranno a lottare per mantenere le loro libertà: di parola, di stampa, di giusto processo e di elezioni libere. Diritti che noi diamo per scontati, ma che in alcune regioni del mondo, come in tutta la Cina, non esistono, e che gli abitanti di Hong Kong, nati e cresciuti liberi, rischiano di vedersi negati per sempre.