Da qualche anno, in molti paesi europei, si assiste all’ascesa di partiti e movimenti ambientalisti. I temi legati allo sviluppo sostenibile e alla ristrutturazione del rapporto uomo-ambiente stanno diventando sempre più centrali nella politica del vecchio continente, portando i partiti verdi a raggiungere risultati elettorali senza precedenti. La pandemia non ha invertito questa tendenza, anzi potrebbe averla accelerata, come dimostrano gli esiti delle recenti elezioni in Francia e Croazia. La svolta green non sembra però interessare l’Italia, dove le istanze ambientaliste non trovano lo stesso livello di rappresentanza politica per ragioni di natura storica, politica e culturale.
Un’onda verde bagna l’Europa
La mattina del 29 giugno, dopo le elezioni municipali in 4820 comuni francesi, la notizia principale era il trionfo dei Verdi su tutto il territorio d’oltralpe. I candidati del partito ecologista hanno vinto a Lione, Bordeaux, Strasburgo, Marsiglia, ma anche in città più piccole come Grenoble, Besançon, Tours, Poitiers, Annecy. A Parigi, la sindaca socialista Anne Hidalgo è stata rieletta grazie a un’alleanza con i Verdi.
Principali città francesi in cui i verdi hanno vinto (Foto: Statista)
Il 5 luglio si sono svolte le elezioni per il parlamento nazionale in Croazia. I Verdi si sono presentati in coalizione con la sinistra radicale, ottenendo 7 seggi in parlamento e un clamoroso 21% a Zagabria. Il risultato è storico: per la prima volta dall’indipendenza del Paese balcanico, nel 1991, i Verdi hanno trovato posto nel parlamento croato
In Irlanda, invece, i Verdi sono al governo per la seconda volta nella storia del paese.
Il 27 giugno i militanti del partito ambientalista hanno votato per decidere se entrare nella maggioranza con i partiti di centrodestra Fianna Fáil e Fine Gael. Il 76% ha votato a favore della coalizione, permettendo la formazione del governo. Con l’Irlanda sono diventati 5 i paesi europei governati da coalizioni di cui fanno parte i Verdi: gli altri sono Finlandia, Svezia, Austria e Lussemburgo.
L’ascesa dei Verdi in tutta Europa è saltata all’occhio in occasione delle elezioni europee dello scorso anno, quando 16 paesi su 27 hanno portato nel Parlamento Europeo rappresentanti dei partiti ecologisti. In Germania hanno ottenuto il 20,5% dei consensi, in Francia il 13,5%, nel Regno Unito il 16,2%, in Belgio il 15,4%, in Austria il 14%. Così i Verdi sono diventati la quarta forza dell’Europarlamento, passando dai 50 deputati della scorsa legislatura (2014-2019) ai 74 attuali. Su 74, zero sono italiani. Alle ultime elezioni europee i Verdi in Italia hanno preso il 2,3%.
La domanda sorge spontanea: perché in gran parte d’Europa si è alzata un’onda verde e in Italia no? Si possono individuare almeno 3 motivi.
La fragilità del partito verde italiano
Il primo motivo è di natura storico-culturale. I partiti ecologisti hanno una tradizione molto più radicata nell’Europa centro-settentrionale. Il Verdi in Italia nacquero a metà degli anni Ottanta, proprio su ispirazione dei modelli del centro-nord Europa, ma la loro storia politica non è mai stata particolarmente florida: fino al 2008 trovarono una loro dimensione parlamentare nella coalizione di centrosinistra, dopodiché sparirono dai banchi di Montecitorio per perdersi in deboli alleanze e insuccessi. Alle elezioni politiche del 2008 si presentarono con Sinistra-Ecologia-Libertà di Nichi Vendola, nel 2013 con Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia, nel 2018 in una lista chiamata Insieme (presero lo 0,6%). Di fatto i Verdi in Italia non hanno mai avuto una struttura, un’identità e una visione politica di ampio respiro. Sono sempre stati una costola della sinistra radicale, al punto da essere paragonati alle angurie: verdi fuori e rossi dentro.
Logo della Federazione dei Verdi
Green is the new red
Il secondo motivo è di natura politica. Per quanto nel resto d’Europa i partiti verdi seguano una linea meno ideologica e più autonoma (in Austria e in Irlanda governano con la destra), il loro elettorato tende a essere più progressista che conservatore. I recenti risultati elettorali lo mostrano chiaramente: i verdi avanzano dove i socialisti arretrano. In Germania sono cresciuti i Verdi ma è andata giù la Spd (partito socialdemocratico). In Francia le ultime presidenziali hanno visto il crollo dei socialisti, e a sinistra di Macron si è creato un vuoto politico in parte colmato dagli ecologisti. In generale, da qualche anno in Europa i partiti tradizionali sia di centrodestra che di centrosinistra stanno perdendo elettori: a destra il voto si è estremizzato verso forze nazionalpopuliste, a sinistra sono cresciuti i Verdi. In Italia la situazione politica è un po’ diversa e per certi versi anomala: esiste ancora un blocco forte di centrosinistra rappresentato dal PD e soprattutto c’è stato il Movimento 5 Stelle, nato tra l’altro con una forte connotazione ambientalista che gli ha permesso di intercettare buona parte dell’elettorato più sensibile alle istanze verdi.
L’ambientalismo non è un pranzo di gala
C’è anche un terzo punto, non marginale. Se in Italia i Verdi non sfondano (anzi, a malapena esistono) è anche perché nel nostro paese non si è ancora affermato con forza il messaggio che l’ambientalismo è collegato allo sviluppo economico, all’innovazione tecnologica e alla creazione di posti di lavoro. L’ecologia in Italia viene spesso scambiata per un tema da “radical chic”, un lusso borghese per gente lontana dai problemi reali. Nulla cambierà fino a quando non si diffonderà la consapevolezza che la sostenibilità ambientale è una sfida cruciale per il futuro dell’umanità. Una speranza, sotto questo punto di vista, sono le centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi che lo scorso anno si sono riversati nelle strade di tutta Italia in occasione degli scioperi globali per il clima indetti dal movimento Fridays for Future. Loro sono la dimostrazione che nella società italiana esiste una base forte, giovane e motivata, a cui manca una rappresentanza politica, parlamentare, istituzionale. Una rappresentanza che potrebbe anche nascere da zero: un nuovo movimento verde, con una forte impronta generazionale, che restituisca ai più giovani un senso di appartenenza e una voglia di partecipazione che la politica attuale non è in grado di trasmettere.