Il problema dell’incarcerazione di massa negli Stati Uniti

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L’uso improprio delle carceri in America ha contribuito a creare un sistema di incarcerazione che ha raggiunto nel giugno 2020 il più alto numero di detenuti al mondo. Sono infatti più di 2,12 milioni le persone che negli Stati Uniti sono rinchiuse tra circa 1800 carceri statali, più di 100 prigioni federali, 1.700 strutture penitenziarie minorili, 3.000 carceri locali e più di 200 strutture di detenzione per l’immigrazione.

Si parla di circa 655 prigionieri ogni 100.000 residenti.

Ogni anno sono circa 600.000 le persone che vengono imprigionate, ma il numero di ingressi in prigione supera i 10,6 milioni all’anno. In che senso? Nel senso che centinaia di migliaia di americani entrano ed escono dal carcere più volte all’anno, permanendovi per brevi periodi.

 

Fonte: Adam Maida in “When prisoners protest”, New York Times

 

Il tasso della popolazione carceraria negli Stati Uniti è particolarmente alto perché la maggior parte degli individui presenti nelle carceri non è stata ancora condannata.

Se chi viene arrestato non riesce a pagare la cauzione entro poche ore o giorni, è costretto a rimanere in cella fino al processo. Benché queste persone siano legalmente considerate innocenti fino a prova contraria dal tribunale, se non hanno il denaro necessario per la cauzione viene negata loro la libertà.

 

Secondo i dati del Vera Institute of Justice la maggior parte degli imputati viene condotta in prigione per reati minori e non violenti, come guidare con una patente sospesa, intossicazione pubblica o taccheggio. Eppure chi finisce in carcere è costretto ad affrontare conseguenze che vanno al di là della detenzione stessa, come la riduzione di salario, il peggioramento della salute fisica e mentale, la possibile perdita della custodia dei figli, la sottrazione della propria abitazione o la cessazione del rapporto di lavoro. Per questo la custodia cautelare duratura obbliga talvolta persone innocenti a dichiararsi colpevoli di reati minori, al fine di raggiungere un patteggiamento e uscire prima di prigione.

 

Arresto, Rilascio, Arresto.

 

Si stima che negli Stati Uniti almeno 1 persona su 4 venga arrestata più di una volta nello stesso anno. La città di Filadelfia ha riferito nel 2015 che il 36,9% degli individui rilasciati dalle carceri della contea è stato nuovamente arrestato entro un anno. A NYC, nel 2016, tra coloro che sono stati condannati alla libertà vigilata, il 18% è nuovamente finito in prigione durante l’anno successivo. L’incarcerazione ripetuta è un fenomeno legato alla razza e alla povertà, alle malattie mentali ed ai disturbi legati all’uso di sostanze stupefacenti o antidolorifici.

Fonte: New York Times

I reati per droga

 

I reati per droga, e in generale tutte le condanne “non violente”, rappresentano i capi d’accusa più diffusi, soprattutto all’interno del sistema carcerario federale (ossia quello “statale”, che si contrappone a quello privato, di cui parleremo più avanti). Si pensi che quasi un terzo della popolazione carceraria è detenuta nel sistema federale a causa di un reato legato al traffico di droga.

 

La polizia effettua all’anno oltre 1 milione di arresti per possesso di sostanze stupefacenti, e a molti di questi blitz seguono pene di carattere detentivo duraturo. Si tratta infatti di un circolo vizioso: gli arresti per droga generano tra i residenti di comunità emarginate il record di condanne, non solo danneggiando le loro prospettive lavorative, ma anche aumentando in questo modo la probabilità di pene ancora più lunghe in caso di reati futuri.

 

Ma come siamo arrivati a tutto ciò?

 

Nel 1990 la popolazione carceraria americana ammontava a 1,179,200 milioni di individui. Nel 2000 è arrivata a 2,015,300, di cui 878,400 afroamericani.

 

Cos’è successo? Nel 1994, il presidente Clinton ha presentato al Congresso una proposta di riforma della giustizia (il Crime Bill, scritto tra l’altro da Joe Biden), che aveva il fine di elencare e punire in maniera ancora più chiara e con pene ancora più severe i reati federali. Il valore stimato della proposta avanzata ammontava a 30 miliardi di dollari ed essa puntava sostanzialmente a migliorare i corpi di polizia ed aumentare il numero di incarcerazioni.

 

Il progetto ha portato così ad una espansione del sistema carcerario, fornendo nuove risorse ed incentivi per migliorare l’amministrazione del tempo. Queste stesse leggi, tuttavia, oggi sono considerate di carattere abusivo, poiché eccessivamente punitive: vengono infatti intese come troppo “dure” nei confronti della popolazione americana, e troppo severe verso quei cittadini che commettono reati anche solo di lieve entità.

Nonostante il dissenso manifestato già all’epoca, Clinton ha aumentato i fondi per costruire prigioni e ha aumentato di 100.000 corpi la presenza degli agenti per le strade. Queste decisioni, tra le altre, nel 1994 hanno contribuito alla militarizzazione delle forze di polizia investite del possesso di armi, dai piccoli dipartimenti rurali fino alle squadre delle città più importanti.

 

Tre colpi e sei fuori

 

Con questa frase si può riassumere la Three strikes law”: quando un detenuto ha già compiuto due reati, anche se minori, al terzo, se più significativo, finisce in prigione a vita. In realtà, le modalità di applicazione variano molto da Stato a Stato: per alcuni ordinamenti statali servono crimini più significativi per determinare una condanna all’ergastolo; in altre, il legislatore è molto meno intransigente.

 

Questa metodologia, introdotta sempre con la riforma della giustizia del 1994, è stata nel corso degli anni fortemente criticata, soprattutto perché intasa il sistema giudiziario: alcuni imputati portano avanti processi lunghissimi al fine di evitare la condanna all’ergastolo, mentre altri detenuti rimangono per anni in attesa di un processo.

 

Pena minima obbligatoria

 

Troviamo poi il sistema della “Pena minima obbligatoria” (Mandatory sentencing), in base al quale, per determinati reati, vengono imposte delle pene “predefinite” . Ad esempio, si prevedono dai cinque ai dieci anni di reclusione in caso di distribuzione e utilizzo di droghe, e non c’è bisogno di andare a processo. I trasgressori sono obbligati a scontare entro le mura carcerarie l’85% della pena inflitta prima di poter essere rilasciati, se dal caso, per buona condotta. I problemi di questo provvedimento derivano innanzitutto dal fatto che la decisione sulla pena da applicare non dipenda dai giudici o dalla giuria, ma dai pubblici ministeri, ossia coloro che accusano l’imputato. Sono loro, infatti, nel sistema statunitense, ad avere l’autorità di determinare, al di sopra della legge, se un’accusa possa essere ridotta o meno, stabilendo anche l’entità della condanna.

Poiché non avviene alcun processo, ma le pene sono predefinite, al contrario di quanto avviene quando la decisione è presa da un giudice e da una giuria, le circostanze individuali non sono prese in considerazione al fine della determinazione della sentenza .

 

L’obiettivo originario di questo meccanismo, del resto, era proprio ridurre le disparità tra le pronunce emesse dai giudici nei diversi Stati per i medesimi crimini. Tuttavia, poiché le decisioni dei pubblici ministeri non godono di alcuna supervisione, i trasgressori spesso non ricevono pene proporzionali al crimine commesso.

Infine, si è già introdotto come la pena minima obbligatoria abbia avuto un effetto notevole soprattutto sulle minoranze: in questo senso, gli imputati bianchi hanno molte più probabilità di sfuggire alle sanzioni minime obbligatorie rispetto agli afroamericani o agli ispanici.

 

Un sistema che genera soldi

 

In risposta al crescente numero di detenuti e al sovraffollamento carcerario, diversi governi di tutto il mondo hanno abbracciato l’uso di prigioni private. Le carceri private sono gestite da operatori individuali che stipulano un accordo contrattuale con il governo, privatizzando le carceri pubbliche oppure attraverso l’appalto di poteri manageriali di una prigione pubblica ad una società privata. Il loro uso è aumentato nel XX secolo e continua ad aumentare in alcuni Paesi, come appunto negli Stati Uniti.

 

Perché usare le carceri private?

 

Le carceri private sono considerate un luogo alternativo per i detenuti, che permette di alleviare la congestione nelle carceri pubbliche. All’interno delle strutture private, infatti, si ritiene che sia più facile gestire i costi in una maniera più efficiente rispetto al settore pubblico, fornendo lo stesso livello di trattamento. Eppure non sempre è così.

 

Nello specifico, le compagnie carcerarie private negli Stati Uniti hanno trovato il modo di trarre profitto dal fenomeno americano della detenzione di massa: è stata l’industria americana stessa a fare pressioni sul governo per mantenere alti i livelli di incarcerazione.

Infatti, alle aziende private operanti in determinati settori, vengono concessi contratti di gestione, ad esempio, dei servizi alimentari e sanitari delle carceri. In questi ambiti, tuttavia, l’organizzazione è risultata di così basso livello, che le compagnie carcerarie si sono ritrovate spesso coinvolte in importanti cause legali.

 

Ma non solo: negli Stati Uniti sussiste un vero e proprio business multimiliardario che gira intorno allo sfruttamento del lavoro dei detenuti all’interno, nello specifico, di compagnie di telecomunicazioni e di call center. Qui i detenuti vengono pagati pochi centesimi all’ora, mentre le compagnie private riescono a risparmiare migliaia di dollari.

 

ALEC (American Legislative Exchange Council)

 

Fonte: https://www.alec.org/

 

Per capire le dinamiche interne di questo sistema, così distante da quello italiano, è necessario parlare di una delle principali organizzazioni che trae profitto dalla amministrazione carceraria: l’ALEC (American Legislative Exchange Council).

Essa costituisce una struttura formata da lobbisti, all’interno della quale è possibile trovare sia membri politici che società per azioni. L’obiettivo principale dell’ALEC è quello di influenzare gli orientamenti legislativi, in modo da ottenere provvedimenti che favoriscano gli interessi delle industrie carcerarie private. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.

 

Ecco come funziona l’ALEC

 

L’Alec ha collaborato nella creazione di alcune delle leggi di condanna più severe, quali i minimi obbligatori per i reati di droga non violenti o la legge dei “tre colpi”.

Il meccanismo è questo: i membri dell’Alec elaborano e propongono testi di legge in riunioni a porte chiuse in cui i lobbisti votano segretamente, come veri e propri legislatori. In questo modo, poi, le proposte di legge passano ai veri legislatori che fanno parte dell’organizzazione, i quali le promulgano. L’Alec così diffonde le sue radici in tutto il tessuto giuridico americano: circa 1 legislatore su 4 ne fa parte, ed essa esiste da più di quattro decenni, durante i quali si è forgiata una collaborazione unica tra parlamentari e leader delle comunità aziendali.

 

Da decenni, quindi, le società per azioni influenzano le leggi attraverso gli strumenti dell’Alec: quasi ogni disegno di legge prodotto da questa struttura avvantaggia un’azienda che ne fa parte.

Ad esempio, chi ha ricevuto benefici dal potere dell’Alec è l’azienda Wal-Mart, tra le altre cose il più grande rivenditore di armi negli Stati Uniti e il negoziante di proiettili più importante al mondo. Wal-Mart faceva già parte dell’Alec quando è stata promulgata la legge della “difesa a oltranza”, che ha portato al boom delle vendite di pistole.

 

Per altro, è stata proprio la legge della “difesa ad oltranza” ad aver impedito l’arresto dell’assassino di Trayvon Martin, un diciassettenne afroamericano ucciso in Florida da un agente di polizia, George Zimmerman, che mediante il ricorso a queste clausole è stato assolto. Da dopo lo scandalo, Wal-Mart ha abbandonato l’Alec, e molte altre aziende hanno seguito il suo esempio.

 

L’Alec è stata finanziata da altri gruppi industriali altrettanto importanti: si pensi a Koch Industries, alla State Farm Insurance e alla Pharma, che rappresentano i gruppi farmaceutici più importanti nel settore. L’Alec è stata sostenuta inoltre dall’industria del tabacco, nonché dalla AT&T e da Verizon, infine per quasi due decenni dalla “Corrections Corporation of America”.

Fonte: https://www.democracynow.org/

 

Tornando alla problematica delle carceri private, il primo ente carcerario privato che è stato fondato in America è la CCA. Grazie all’Alec la CCA è diventata leader nel settore delle prigioni private, raggiungendo un valore di quasi due miliardi di dollari, costantemente alimentato grazie alle condanne. Attraverso l’Alec la CCA ha influenzato le politiche di privatizzazione delle prigioni, che hanno portato ad un rapido aumento della criminalizzazione.

 

La CCA era giá parte dell’Alec quando questa ha richiesto una legge che desse alla polizia la facoltà di fermare qualsiasi individuo fosse sospettato del reato di immigrazione, sulla base del solo aspetto fisico. Questo, come è ovvio, ha aumentato esponenzialmente il numero di detenuti per clandestinità. Il tutto per altro è avvenuto a seguito della stipulazione di un contratto federale per gestire le strutture di accoglienza, che ha procurato alla CCA un guadagno di 11 milioni di dollari al mese.

 

Il passo successivo è stato influenzare il sistema della cauzione, che l’Alec dal 2008 si è impegnata a riformare totalmente, imponendo un sistema di monitoraggio tramite GPS direttamente installati all’interno delle case dei condannati.

 

Questo sistema, nel lungo periodo, ha portato all’incarcerazione delle persone all’interno delle loro stessa comunità.

 

Fonte: thegatvolblogger.

 
 

Quote e problemi all’interno del dipartimento di polizia

 

In un documentario girato da Ben Steele intitolato” Cop Watchers “i detective Anthony Miranda e Julio Diaz parlano dei problemi all’interno del dipartimento di polizia.

 

Anthony Miranda, che ha passato la sua vita all’interno nell’NYDP (Dipartimento della polizia di NY), spiega come l’uso della forza sia un grave problema nei confronti delle minoranze. L’NYDP ha letteralmente circondato i quartieri poveri di New York con un sistema di monitoraggio 24h su 24h controllando ogni angolo della città mediante torri di sorveglianza mobili. La polizia usa infrarossi e rilevatori di calore per localizzare persone situate in giardini privati o parchi pubblici, in modo da effettuare perquisizioni o arresti illegali.

 

Nel corpo di polizia, spiega Miranda, non c’è alcuna precauzione contro il razzismo: semplicemente la maggior parte dei bianchi non viene arrestata, o quanto meno il sistema giudiziario tutto non la penalizza come fa con le comunità afroamericane o ispaniche.

 
 

Fonte: Rob Manning

 

Julio Diaz invece descrive l’esistenza di quote segrete all’interno del dipartimento a seconda del numero di arresti. Egli parla infatti dell’esistenza di un sistema interno in base al quale agli agenti è richiesto di raggiungere un certo numero di fermi. Questa stessa questione, ad esempio, fu un fattore chiave nell’arresto, e nel successivo omicidio, dell’innocente Eric Garner: secondo il detective Miranda, infatti, in questo caso originariamente i poliziotti miravano a raggiungere le loro quote.

 

Per altro, non di minor rilevanza è il fatto che le citazioni in giudizio e gli arresti generino entrate cospicue per l’intero sistema giudiziario. Quando qualcuno viene arrestato, tutti guadagnano denaro: dai tribunali alle carceri, dagli ufficiali giudiziari agli agenti penitenziari. Se gli arresti diminuiscono, quindi, le entrate ne risentono.

 

Si è visto, così, come nell’apparato penale di giustizia statunitense, vi sia uno squilibrio totale tra interessi e potere. Nel corso degli anni vari dipartimenti di tutti il paese sono stati improntati sulla creazione di schemi tramite cui effettuare il maggior numero di arresti possibili, chiudendo di fatto persone innocenti in prigione.

 

Le disparità razziali sono profondamente radicate nella comunità statunitense, nonostante la Dichiarazione di Indipendenza affermi che tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge.

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