In questi giorni abbiamo sentito parlare della ripresa di un conflitto che dura da più di trent’anni, dietro al quale ci sono motivazioni etniche, religiose, economiche e storiche che si intrecciano con quelle delle altre potenze della zona e sono spesso difficili da identificare. Cerchiamo quindi di fare chiarezza e capire cosa è successo negli ultimi anni in questa regione.
Foto: Aljazeera
Il Nagorno-Karabakh è una regione senza sbocco sul mare, sita nel Caucaso meridionale e appartenente geograficamente all’Altopiano armeno. In lingua azera significa “giardino montuoso nero” o “giardino nero superiore”. Il Nagorno Karabakh è quasi interamente occupato dalla Repubblica dell’Artsakh, costituitasi nel 1991 con il nome di Repubblica del Nagorno-Karabakh.
Ma facciamo un passo indietro, per capire le origini di questa regione e come ha fatto a diventare teatro di uno scontro etnico tanto lungo e violento.
Gli antichi albanesi e gli armeni si alternarono al dominio del territorio fino all’inizio del IV secolo d.C. In seguito, la regione fu invasa e saccheggiata da arabi, tartari, mongoli e turchi.
Nel 1813 il Karabakh passò all’Impero Russo.
Dopo la Rivoluzione Russa del 1917 il Karabakh fu inglobato nella Federazione Transcaucasica, che ben presto si divise tra Armenia, Azerbaijan e Georgia.
Il territorio del Nagorno-Karabakh venne rivendicato sia dagli armeni (che all’epoca costituivano il 98% della popolazione) sia dagli azeri.
Dopo la conquista bolscevica del 1920 il territorio venne assegnato, per volere di Stalin, all’Azerbaijan e nel 1923 venne creata l’Oblast’ Autonoma del Nagorno-Karabakh, una sorta di regione amministrativa, che venne inglobata a sua volta nella Repubblica Socialista Sovietica Azera, contro la volontà della maggior parte della popolazione che era, appunto, armena e di fede cristiana (l’Azerbaigian è tradizionalmente di religione musulmana sciita).
L’URSS usava infatti il principio “divide et impera” nel tracciare i confini interni del suo territorio: ogni Paese includeva una minoranza del Paese vicino per evitare che si sviluppassero delle identità nazionali che potevano entrare in conflitto con quella sovietica.
Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90, la questione del Nagorno-Karabakh riemerse. Lamentando l’azerificazione forzata della regione portata avanti da Baku (capitale dell’Azerbaijan), la locale popolazione armena, con il supporto ideologico e materiale dell’Armenia stessa, cominciò a mobilitarsi per riunire la regione alla madrepatria.
Nel 1991 il soviet locale (struttura assembleare per la gestione democratica del potere politico ed economico da parte della classe operaia e contadina), utilizzando la legislazione sovietica dell’epoca dichiarò la nascita della nuova repubblica dopo che l’Azerbaijan aveva deciso di fuoriuscire dall’Unione Sovietica.
E così scoppiò la guerra del Nagorno-Karabakh
La guerra del Nagorno-Karabakh è stato un conflitto armato che si è svolto tra il 1992 e il 1994, in seguito alla creazione della Repubblica del Nagorno-Karabakh, una repubblica de facto non ancora riconosciuta dalla comunità internazionale e neanche dalla stessa Armenia. L’Azerbaijan rivendicava il diritto al suo territorio, mentre dal canto loro gli armeni rivendicavano il principio di autodeterminazione dei popoli. Il conflitto ha provocato almeno 30 mila morti e decine di migliaia di profughi tra la maggioranza etnica armena del Nagorno-Karabakh.
Il conflitto si è concluso con un accordo di cessate il fuoco nel 1993. Dalla fine della guerra, sono in corso negoziati di pace sotto l’egida del Gruppo di Minsk, una struttura di lavoro creata nel 1992 dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Il gruppo è guidato da una co-Presidenza attualmente composta da Francia, Russia e USA. Ne fa parte anche l’Italia.
Nuovi scontri
Gli scontri tra gli eserciti armeno e azero sono ripresi periodicamente (le ultime volte nel 2012 e nel 2016), ma quasi sempre sono stati a bassa intensità e si sono conclusi nel giro di poche settimane.
Negli ultimi giorni, invece, i combattimenti sono stati più violenti. Sono morte diverse persone, tra cui alcuni civili, ed entrambi gli eserciti hanno usato artiglieria, mezzi pesanti e hanno mobilitato i riservisti, segno che i combattimenti sarebbero stati più estesi e intensi rispetto agli anni scorsi. Questa volta gli scontri potrebbero essere più gravi anche perché alcune potenze regionali, in particolare la Turchia, sono intervenute nel conflitto. Questo potrebbe quindi trasformarsi da disputa territoriale di un’area localizzata a una sorta di guerra per procura.
Non si sa quale dei due paesi abbia aperto il fuoco per primo, in quanto i due si accusano a vicenda. Sicuramente negli ultimi mesi ci sono stati molti segnali d’allarme del fatto che si stesse preparando uno scontro ampio e grave, ma la diplomazia non è stata in grado di coglierli e muoversi in tempo.
A luglio si erano già verificati alcuni scontri, in cui erano morti almeno 16 soldati, e a Baku migliaia di persone avevano protestato per chiedere al governo di riprendere il controllo del Nagorno-Karabakh.
Il ruolo più importante nella pacificazione è toccato fin qui alla Russia, uno dei principali partner commerciali sia dell’Armenia che dell’Azerbaijan, che sono peraltro paesi ex sovietici,
Questa volta, però, Mosca non si è occupata di gestire il cessate il fuoco, impegnata a gestire l’emergenza sanitaria e la crisi politica in Bielorussia.
Invece è intervenuta la Turchia di Erdogan, che si è schierata in favore dell’Azerbaijan. Dopo l’inizio degli scontri degli ultimi giorni Erdogan ha twittato che l’Armenia è “la più grande minaccia per la pace nella regione” e che “la nazione turca sostiene i fratelli azeri con tutti i mezzi, come sempre”.
Così un giorno dopo l’inizio dei combattimenti, l’esercito azero ha pubblicato un comunicato in cui annunciava, in pratica, di voler rompere lo status quo e riconquistare il Nagorno-Karabakh.
L’intervento della Turchia va a complicare i rapporti con Putin, perché in realtà la Russia favorisce l’Armenia, in cui ha una base militare e con cui ha firmato un patto di difesa reciproca che obbliga entrambi i Paesi a intervenire se l’altro dovesse subire un’aggressione dei suoi confini. Benché il Nagorno-Karabakh non rientri nei criteri del patto, le forze azere stanno iniziando ad attaccare anche zone del suo territorio.
Il conflitto in Nagorno-Karabakh potrebbe vedere quindi vedere schierate ai lati opposti Russia e Turchia, per la terza volta dopo la guerra in Siria e quella in Libia.
E gli altri Paesi?
L’UE e gli USA si sono schierati per un cessate il fuoco. Perfino l’Iran, attore importante per il Caucaso ha chiesto la fine degli scontri. Un portavoce del ministro degli Esteri iraniano ha annunciato che l’Iran è pronto ad aiutare nei negoziati.
Nonostante l’Iran sia un Paese a maggioranza musulmana, alcuni esperti sostengono che sarebbe disposto a supportare la cristiana Armenia. Le ragioni potrebbero essere diverse: dalla vicinanza alla Russia, ai rapporti commerciali con l’Armenia, ma anche perché la popolazione iraniana di origine azera è vista come un potenziale problema politico, soprattutto se il nazionalismo azero dovesse diffondersi
L’Armenia sta valutando la possibilità di riconoscere l’indipendenza del Nagorno-Karabakh. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha affermato che “c’è anche la possibilità di firmare un trattato di cooperazione nella sfera della sicurezza e della difesa”. Le opzioni verranno vagliate e le decisioni saranno prese “a seconda di alcuni fattori”, ha precisato.
Anche l’Unione Europea ha un interesse nella regione: in Azerbaijan, non lontano dal Nagorno-Karabakh, passano alcuni importanti gasdotti e oleodotti che riforniscono tra gli altri il mercato europeo.
Conoscere ciò che accade in posti solo apparentemente lontani, significa capire in anticipo i risvolti geopolitici che questi avvenimenti possono avere anche sul nostro Paese, solo qualche km più a Ovest.