Il 4 maggio ha segnato l’avvio della Fase 2 e il ritorno al lavoro di circa 4,4 milioni di italiani impiegati nei settori meno a rischio, ovvero quelli della costruzione e il manifatturiero. Di questi il 74,8% erano uomini (fonte: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro). Anche se sappiamo che sono ambiti a prevalenza maschile, leggere questa percentuale nero su bianco fa riflettere sul ruolo che la donna riveste ancora all’interno della società italiana e sul suo accesso al mondo del lavoro.
Per le donne italiane è ancora difficile conciliare famiglia e carriera
Le donne lavoratrici in Italia sono meno del 50% (fonte Istat), laddove la media europea è del 67% (Fonte Eurostat), una percentuale che stride ancor di più alla luce dei dati che analizzano il percorso formativo di uomini e donne (fonte: Censis): infatti la donna in media ha voti più alti dei compagni e sceglie in maggior numero di proseguire gli studi dopo la laurea, iscrivendosi a master e/o dottorati. Ciononostante, nella nostra società è principalmente ancora la donna ad occuparsi della casa e della famiglia, complice il fatto che il suo è un lavoro più flessibile, precario e meno retribuito di quello maschile (in media del 16%), quindi meno affidabile.
Inoltre, l’esito del sondaggio Ipsos pubblicato sul Corriere poche settimane fa, mostra come circa il 67% degli italiani, rispetto al 10% circa dei danesi, ritiene che quello che veramente desidera una donna sia dedicarsi alla casa e alla famiglia piuttosto che realizzarsi professionalmente e solo uno scarso 20%, rispetto alla media danese del 43%, pensa che gli uomini siano capaci di occuparsi dei figli tanto quanto le donne. Se a questo aggiungiamo la mancanza di misure di welfare per le famiglie, non stupisce che il 27% delle donne italiane lasci il lavoro dopo il primo figlio mentre il 40% opti per il part time.
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Dove sono le donne?
Questi elementi non fanno altro che evidenziare i problemi di una cultura ancora profondamente patriarcale, in cui l’immagine della donna come angelo del focolare è dura da scalfire. Un’ulteriore conferma si trova cercando le donne impiegate nelle commissioni create ad hoc dal governo per contenere il Coronavirus. Ampliando lo sguardo, possiamo vedere che, secondo i dati raccolti da OpenPolis, soltanto il 20% degli incarichi, dalle prefetture alla Protezione Civile, sia a livello nazionale che locale, è assunto da donne: 1 incarico su 6, che si riduce a 0 man mano che ci si avvicina al vertice. Una situazione molto diversa da quella che incontriamo tra le file di chi si occupa in prima linea dell’emergenza, infatti, “Il 56% dei medici iscritti all’albo è donna, come il 77% degli infermieri. Il 72,4% di chi opera nei settori dell’istruzione e della sanità è donna. Il 69,1% di chi opera nell’ambito dei servizi alla persona è donna.”
L’assenza delle donne nelle istituzioni ha suscitato fin da subito una forte indignazione: la deputata Laura Boldrini ha depositato un’interrogazione al governo “per chiedere di rispettare la parità di genere e prossime nomine” mentre fuori dalle istituzioni si sono unite più di 8000 donne e 160 associazioni all’appello #datecivoce, chiedendo di partecipare alla ricostruzione del Paese insieme agli uomini. Una domanda che ha ricevuto l’attenzione mediatica della BBC e l’appoggio di Un Women, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dell’uguaglianza di genere. A fronte di questo interesse internazionale, è notizia dell’ultima ora che il premier Conte ha invitato 5 esperte ad aggiungersi alla task force guidata da Colao, e altre 6 entreranno a far parte del Comitato Tecnico Scientifico.
Il presidente Conte con i vertici dell’emergenza Covid-19
Le misure in ambito scolastico non sono adeguate
La chiusura delle scuole e degli asili e l’impossibilità di poter fare affidamento su figure centrali come nonni, babysitter, colf e badanti stanno mettendo a dura prova gli equilibri su cui si fondano le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. Le misure straordinarie elaborate sin qui dal governo per aiutarle, vedi il bonus babysitter e l’estensione del congedo parentale, risultano miopi e poco lungimiranti, soprattutto alla luce delle proposte avanzate per il nuovo anno scolastico. La ministra dell’istruzione Azzolina, infatti, in un primo momento aveva dichiarato che da settembre gli alunni avrebbero frequentato la scuola sia in aula che online, alternandosi in gruppi diversi, in modo da evitare classi sovraffollate. Questa soluzione, però, sottende che degli adulti siano sempre presenti in casa e che questi li aiutino con le lezioni, soprattutto se pensiamo ai bambini più piccoli. Se consideriamo che non tutti potranno ricorrere alle babysitter e che la maggior parte dei nonni ha delle conoscenze digitali limitate, questo compito ricadrebbe ancora una volta sui genitori, ovvero sulle donne nella maggior parte dei casi, a discapito del loro lavoro.
Nel caso dei genitori single, inoltre, lo scenario si prospetta ancora più difficile. In seguito alle numerose critiche che si sono subito scatenate, la ministra Azzolina ha specificato che nulla è stato ancora deciso e che queste misure potranno essere considerate per gli alunni più grandi. Per i bambini delle elementari, invece, si sta pensando di sfruttare gli spazi all’aperto e di privilegiare materie artistiche come la musica e l’arte.
Mamme lavoratrici durante la quarantena
I diritti delle donne vengono rimessi in discussione
Il post quarantena sembra assumere sempre più i contorni di un futuro simile a un passato non troppo lontano, in cui l’uomo è l’unico a sostenere economicamente la famiglia mentre la donna è di nuovo relegata al ruolo di casalinga. Infatti, proprio la precarietà del loro lavoro e la minor retribuzione costringeranno molte donne a dover rinunciare alla loro occupazione o porteranno molte aziende a sceglierle per prime in caso di tagli del personale. Per questo l’assenza di misure oculate che permettano a entrambi i genitori, e in special modo alle donne, di poter conciliare lavoro e famiglia compromette diritti che sono il frutto di anni e anni di battaglie: il diritto al lavoro e all’indipendenza economica femminile.
Donne al governo: le loro strategie sono più efficaci
Nonostante lo scenario non sia dei migliori, sette Paesi si sono distinti per la gestione della pandemia e sono Islanda, Germania, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Taiwan e Nuova Zelanda. Questi Stati da anni hanno adottato misure a sostegno delle famiglie e dell’occupazione femminile, che hanno portato a una maggiore partecipazione attiva delle donne alla vita del Paese, e alla scelta di leader femminili a capo del governo.
Analizzando il loro operato, possiamo riscontrare dei tratti comuni, come la tempestività e l’efficacia con cui hanno reagito alle prime notizie dei contagi e una comunicazione inclusiva, trasparente e incisiva delle misure di contenimento. Sicuramente la fiducia e il rispetto che i cittadini dimostrano verso le autorità qui è molto più alta che in altri Stati, un aspetto che ha contribuito molto al contenimento del virus. In tanti hanno cominciato allora a chiedersi se le donne governino meglio degli uomini. Questa domanda, però, rende implicita una differenza di capacità tra i generi, spostando l’attenzione ancora una volta su chi sia migliore fra i due invece di pensare, ad esempio, a quali strategie abbiano funzionato meglio.
Ciò che abbiamo imparato fino ad ora è che le leader donna non sono da considerarsi tanto come la causa di un buon governo, ma piuttosto come il sintomo, il segno, che in questi Paesi si sta costruendo una società inclusiva e per questo migliore. Ci auguriamo che il loro contributo alla storia non passi inosservato ma che venga, invece, preso ad esempio dal resto del mondo e dalle generazioni future.
Da in alto a sinistra, Angela Merkel, Tsai Ing-wen, Jacinda Ardern. In basso a sinistra, Katrín Jakobsdóttir, Sanna Marin, Erna Soldberg e Mette Frederiksen.
E voi cosa ne pensate? L’emergenza Coronavirus ha peggiorato la vostra situazione lavorativa? Quali misure potrebbero aiutare le famiglie ora che le scuole sono chiuse? Fatecelo sapere nei commenti!
Fonti e approfondimenti
Covid, le donne e il lavoro. Solo la metà degli uomini fa qualcosa dentro casa, Roberta Scorranese, Il Corriere della Sera, 30 aprile 2020
Donne e lavoro, perché la pandemia rischia di spingerci indietro, Annalisa Camilli,Internazionale, 27 aprile 2020
The Coronavirus Is a Disaster for Feminism, Helen Lewis, The Atlantic, 19 marzo 2020
La pandemia aggrava la condizione femminile: Il 72% dei lavoratori che rientrano il 4 maggio sono uomini, Rosaria Amato, La Repubblica, 1 maggio 2020
Per le donne più investimenti e meno sussidi, Lia Quartapelle e Chiara Gribaudo, Il Corriere della Sera, 13 maggio 2020
Coronavirus, la quarantena delle donne tra focolare e smart working: tutti a casa, ma a che prezzo?, Chiara Nardinocchi, La Repubblica, 10 aprile 2020
Nella “fase 2” a casa giovani e donne, Alessandra Casarico e Salvatore Lattanzio, lavoce.info, 28 aprile 2020
Un futuro passato remoto, Redazione, Ingenere, 28 aprile 2020
Gestione Covid19, poche donne e non nei ruoli chiave, Potere politico, OpenPolis, mercoledi 29 apile 2020
Più donne nelle task force, il movimento #Datecivoce: «Conte onori la promessa», Manuela Perrone, Il Sole 24 ore, 11 maggio 2020
Are female leaders more successful at managing the coronavirus crisis?, Jon Henley e Eleanor Ainge Roy, The Guardian, 25 aprile
The Pandemic Has Revealed the Weakness of Strongmen, Helen Lewis, The Atlantic, 6 maggio 2020
Coronavirus, su alunni metà a scuola e metà a casa Azzolina frena: “Solo una proposta, forse per i più grandi”, La Repubblica, 5 maggio 2020